Tutto brilla sotto il sole?
Saremmo pure tentati a crederlo se non fosse per il fatto che la riflettività è una qualità intrinseca dei materiali, quindi non tutti gli oggetti riflettono allo stesso modo i raggi emessi dall’oggetto celeste che è anche nostra fonte primaria di energia vitale.
Sappiamo tutti come, da buoni esseri viventi non ancora completamente evoluti, tendiamo più a cogliere la metà vuota del famigerato bicchiere, e questa naturale predisposizione ci porta spesso a ripetere, ad libitum, un mantra quasi sacrilego che contraddice – in parte – l’affermazione che apre questo breve scritto:
“niente di nuovo sotto il sole …”
“niente di nuovo sotto il sole …”
“niente di nuovo sotto il sole …”
Di contro, poi, ci sono giorni in cui la nostra stella sembra eccedere in brillantezza – ammesso che si possa associare il concetto di brillantezza a quello di eccesso – e noi continuiamo a vacillare nell’incertezza, poco sicuri di riuscire a distillare tutta la sostanza pregiata che ogni giornata di sole certamente racchiude. Restiamo quindi abbagliati dall’effimero, incredibilmente distratti dalla rituale ricerca della posa ideale. Già! quella posa con cui realizziamo l’immancabile selfie mattutino da consegnare gratuitamente alla posterità telematica. Tutto ciò per soddisfare l’insaziabile bramosia che ci assale quando vogliamo affermare la nostra evanescente esistenza virtuale.
In altri giorni – per fortuna – siamo in grado di andare oltre la superfice ed emerge spontaneamente l’impressione che forse ci stia sfuggendo il senso dell’esistere. Ciò avviene, di solito, fin dai primi minuti del mattino, proprio mentre agitiamo lo spazzolino da denti con fare nevrotico; in quell’istante l’individuo che guarda dall’altra parte dello specchio ci interroga severo, chiedendo spiegazioni per la scarsa qualità del riposo notturno ed esortandoci ad alterare il ciclo stantio dei nostri giorni, per renderlo maggiormente armonico rispetto ai cicli naturali dell’esistenza. Ed è di solito a questo punto che arriva la risposta dell’alter ego che risiede nella parte contrapposta all’immagine riflessa, dai più conosciuta col nome di ‘realtà’:
“Sì certo, ho capito, hai ragione. Da domani tutto cambierà.”
Ma è nel principio di coerenza che risiede la trappola; quel “da domani”, inciso nella mente e nelle parole, nasconde un’amara verità: nulla cambia quando esprimiamo un proposito di cambiamento, poiché il vero cambiamento si realizza solo quando il fantoccio di gesso animato, emblema della nostra essenza più grossolana, riesce a comprendere che la vera mutazione avviene solo nel presente, in quell’attimo mobile che viene solo parzialmente definito dalla parola ‘ora’.
“eccomi sono già cambiato, non sono più lo stesso di quello che ero 12 millisecondi fa.”
Ma alla fine l’unica presenza che rimane costante è sempre lui: quel figlio ormai ragazzo – ieri bambino e domani uomo – che rimane assorto nella ricerca – incompresa dal mondo – di emergere dall’oblio.
Attraverso i suoi occhi da 16 anni osservo il mondo esterno ed è proprio questa la parte più importante di quello che definisco come ‘un dono’: la capacità che lui mi dà di osservare il mondo attraverso i suoi occhi, ed è attraverso questo strumento che oggi riesco a percepire delle sottigliezze della realtà che prima non sarei stato in grado di cogliere. Certo è vero che nulla è gratis, e questo tributo io l’ho pagato attraverso il dolore: quel dolore che squarcia in due simmetriche parti la vita; quando passato e presente si scindono in due componenti, simmetricamente opposte e troppo spesso contrapposte.
Nulla cambierà se non cambiamo noi, e per cambiare dobbiamo divenire capaci di estrarre dalla nostra stessa sofferenza quella bellezza con cui colorare la vita dei nostri amati ex pargoletti.
Lo dobbiamo a loro, e lo dobbiamo anche a noi.